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L’Europa si indigni e intervenga! Per ogni vittima in Israele e Palestina, si ponga fine all’impunità israeliana.

cartina Israele-Palestina

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Mentre speriamo nell’ipotesi di una tregua tra Hamas e Israele, l’esplosione della violenza a Gerusalemme, Cisgiordania e Gaza ci sgomenta. Dopo la scomparsa in zona C – area totalmente controllata da Israele – di tre giovani coloni israeliani, poi ritrovati uccisi, è iniziata una delle più pesanti operazioni militari di Israele degli ultimi dieci anni. Una risposta sproporzionata che ha prodotto almeno 10 vittime palestinesi, oltre 90 feriti, circa 500 nuovi arresti, oltre 100 raid aerei su Gaza, la razzia e devastazione di oltre 1000 case, 4 campus universitari e persino sedi di associazioni umanitarie palestinesi (qui alcune statistiche), e la caccia all’arabo da parte di estremisti, a cui è seguito l’assassinio di un sedicenne palestinese come atto di vendetta.

La nostra indignazione non può essere selettiva di fronte a questi crimini, non può valere il principio dei due pesi e due misure. Auspichiamo che i responsabili vengano identificati e portati davanti alla giustizia, da entrambe le parti, ma è il governo israeliano a dover fermare ora l’escalation militare come forma di rappresaglia, e bloccare il tentativo della destra israeliana di riaffermare l’equazione secondo la quale ogni palestinese è terrorista. Ricordiamo che la punizione collettiva dei civili da parte della potenza occupante è un crimine di guerra secondo la IV Convenzione di Ginevra.

Sarà la morte dei tre ragazzi israeliani, aggiunta a quella di otto giovani palestinesi sotto i 25 anni in questi giorni, a causa di raid e proiettili israeliani, a scatenare da una parte una nuova Intifada, e dall’altra la morsa militare definitiva di Israele su Gaza e Cisgiordania, con il tentativo di controllare direttamente tutta la Palestina storica? D’altra parte già la parola “occupazione” era da tempo una farsa, poiché Israele ha di fatto annesso almeno il 40% della Cisgiordania. Ora, secondo Jeff Halper (Israeli Committee Against House Demolitions), il governo israeliano intende chiarire ai Palestinesi che vivono in una prigione a cielo aperto, e da prigionieri si devono comportare:

“Sepolta per sempre la soluzione dei due stati sotto i blocchi degli insediamenti, Israele fa pulizia: le celle delle prigioni – Aree A e B – sono pronte, ora le autorità carcerarie devono trasmettere ai prigioneri la consapevolezza della realtà e togliere loro ogni speranza. Sottomettetevi e vivrete; resistete e morirete. Questo è il preciso messaggio dell’Operazione Brother’s Keeper, che aspettava solo un pretesto per essere lanciata, fornito prontamente dal rapimento”. (Fonte: 972mag.com)

L’escalation militare inoltre renderebbe vano ogni tentativo da parte di Abu Mazen di costituire un governo transitorio che sia in grado di traghettare la Palestina verso elezioni presidenziali e politiche, e lo indebolirebbe ulteriormente in vista della prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nonostante sia stato il governo Nethanyahu a rifiutare condizioni minime per un negoziato. Con gli Stati Uniti ormai in fase di progressivo sganciamento dall’impegno diplomatico per il processo di pace (come provano le recenti dimissioni dell’inviato speciale di Obama per il negoziato israelo-palestinese, Martin Indyk), la palla passa ora alle Nazioni Unite e potrebbe esserci spazio per un intervento dell’Europa.

Non c’è pace senza giustizia, e per questo crediamo che l’Europa debba giocare il suo ruolo diplomatico evitando ogni forma di complicità con le violazioni di Israele. Negli ultimi dieci giorni è salito a 17 il numero dei paesi membri dell’Unione Europea, inclusi Francia, Spagna e Italia, che hanno diffuso comunicati ufficiali in cui sconsigliano le proprie imprese dal fare affari con partner israeliani nei Territori Occupati. Un primo annuncio simile era stato emesso dal governo inglese a dicembre, e le recenti prese di posizione fanno parte di un’iniziativa comune atta a scoraggiare gli investimenti che foraggiano l’occupazione di Cisgiordania, Gerusalemme Est e Alture del Golan.

E’ un primo importante passo istituzionale nella direzione auspicata dalla Campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni su Israele, ma l’Unione Europea deve essere capace di proibire il commercio con imprese pubbliche e private israeliane nei Territori Occupati, di processare le imprese europee coinvolte in crimini di guerra a danno dei Palestinesi, nonché di interrompere ogni accordo preferenziale e il commercio di armamenti con Israele. L’Italia in particolare dovrebbe interrompere la fornitura di aerei da guerra M-346 all’esercito israeliano. C’è molta strada da fare affinchè l’Europa dia corpo alla sua indignazione.

Un ponte per…
www.unponteper.it
Venerdì 4 luglio 2014