Nella seduta del 28 aprile 2011 il Consiglio comunale di Lecco approva l’ordine del giorno proposto dal consigliere Sandro Magni come lista unitaria SEL e FDS contro l’intervento militare in Libia.
Scrive Sandro: “Non è stata una cosa semplice, perché si trattava di convincere una buona parte del PD. Ma la cosa è riuscita. Non ho inventato niente, ho semplicemente trovato una disponibilità tra i consiglieri del PD che hanno risposto soprattutto alla loro coscienza. A significare che il lavoro sulla pace, e sulla rigorosa applicazione dell’art. 11 della Costituzione, svolto in questi anni a Lecco, in apparenza da pochi irriducibili pacifisti, ma credo anche dal decanato e dagli ambienti ecclesiali, stia dando i suoi frutti. Le parole possono essere svuotate dall’uso e dall’abuso e diventare vuota retorica, che poi non si concretizza nei momenti decisivi, lasciando aperti altri scenari e altre parole; oppure diventano pietre, metafora per dire senso a cui tenere fede.
Sarebbe importante che quello che è accaduto nel Consiglio Comunale di Lecco si moltiplicasse anche altrove e spingesse, dal basso, a rivedere scelte di politica internazionale.
Non so e non credo che sia finita la fase carsica del movimento per la pace e contro le guerre, è certo comunque che non tutto è stato cancellato e sepolto. Proviamoci ancora.”
Ecco il testo della delibera:
ORDINE DEL GIORNO ai sensi art. 60 Regolamento di funzionamento del Consiglio Comunale.
OGGETTO: INTERVENTO MILITARE IN LIBIA: emendamento al testo originario del proponente consigliere Alessandro Magni
PREMESSO CHE
La rivolta che scuote i regimi autoritari di tutto il mondo arabo contro le élite che hanno prevaricato lo Stato e saccheggiato il paese, chiede libertà pubbliche e democrazia, insieme a una diversa redistribuzione dei redditi a favore dei salari e quindi una diversa politica economica, che riduca povertà, disoccupazione e emigrazione;
anche gli insorti libici, diversamente dalle nude mani degli altri popoli arabi, debolmente armati, reclamano la liberazione da un potere dispotico e dalla furia repressiva del regime di Gheddafi, che ha potuto prosperare in questi anni, anche con la complicità, dello stesso Occidente che ora gli muove contro;
un intervento della Comunità internazionale a difesa delle popolazioni civili, dopo le minacce di Gheddafi al suo popolo, seppur tardivo, era doveroso e necessario;
tuttavia tale intervento non doveva e non può trasformarsi in un intervento di guerra
SOTTOLINEATO INOLTRE CHE
La coalizione internazionale non può e non deve assolutamente andare oltre il mandato ricevuto dall’ONU per la “no-fly zone”, che consente di pattugliare il cielo per impedire che gli aerei militari del Paese colpito da questa sanzione si alzino in volo, e non che vengano colpiti con dei missili mezzi di terra e/o edifici , con azioni che provocano morti collaterali di civili che si devono invece proteggere e difendere;
TENUTO CONTO CHE:
Da tempo si doveva intervenire con altri mezzi, che non sono certamente quelli militari, per difendere i diritti umani in Libia.
Ancora oggi, mentre si interviene in Libia, non si è detto e fatto nulla per fermare la repressione delle manifestazioni in Baharein, nello Yemen, in Siria e negli altri Paesi del Golfo.
EVIDENZIATO CHE:
l’Italia deve diventare, eventualmente e sempre più, il crocevia dell’impegno Europeo e internazionale per la pace e la sicurezza umana nel Mediterraneo con un solo grande interesse e una sola grande missione da compiere: fermare l’escalation della violenza, togliere rapidamente la parola alle armi e ridare la parola alla politica, promuovendo il negoziato politico a tutti i livelli per trovare una soluzione pacifica e sostenibile
VALUTATO CHE:
La storia ci ha insegnato che la guerra, dopo l’immane conflitto del 1939-45 e la nascita dell’ONU, se mai lo è stata, non è più una soluzione, tanto meno per difendere i diritti umani;
Se si vogliono difendere i diritti umani, l’unica strada per farlo è che tutte le parti si impegnino a cessare il fuoco, a fermare la guerra, la violenza, la repressione;
Che le guerre, erroneamente, appaiono, a un certo punto, inevitabili solo perché non si è fatto nulla per prevenirle, avendo per anni ignorato le violazioni dei diritti, favorito l’arricchimento sul traffico di armi, negata la dignità dei popoli e la giustizia sociale.
Appaiono inevitabili le guerre solo a chi le ha preparate.
CONSIDERATO CHE
La nostra Carta Costituzionale, baluardo formale e sostanziale della nostra memoria e della nostra democrazia, rifiuta categoricamente la guerra anche come strumento per risolvere i conflitti internazionali, come chiaramente esplicato nell’Articolo 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
che il comma 7 dell’art. 2 della Carta delle Nazioni Unite stabilisce che «nessuna disposizione del presente Statuto autorizza le Nazioni Unite ad intervenire in questioni che appartengano alla competenza interna di uno Stato» e che conseguentemente è indiscutibile che la «guerra civile» di competenza interna alla Libia non sia un evento di cui possa occuparsi militarmente il Consiglio di Sicurezza.
Che pertanto non ha senso servirsi – per invocare l’intervento armato, – della cosiddetta «responsabilità di proteggere» (Responsibility to Protect), se non altro perchè il Consiglio di Sicurezza (fino ad oggi e/o purtroppo) non è competente ad emanare nuove norme di diritto internazionale.
Che l’interpretazione distorta e “di parte” della Carta dell’ONU costituisce un elemento di svilimento di questa fondamentale istituzione della convivenza internazionale, presente e soprattutto futura, e che un suo ulteriore indebolimento costituisce la premessa di ogni arbitrio internazionale affidato ad un puro principio di effettività delle ragioni della forza armata
Che la «guerra civile» interna alla Libia non rappresentava e non rappresenta tuttora una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale,
Che inoltre, come la Lega Araba ha sostenuto, l’ obiettivo della risoluzione è «salvare i civili non ucciderne altri» e che pertanto altre vie potevano e possono essere imboccate alla ricerca di una mediazione e per una soluzione del conflitto.
DI FRONTE A TUTTO CIO’ IL CONSIGLIO COMUNALE DELLA CITTA’ DI LECCO
– Condanna fermamente, per le motivazioni sopra richiamate, il ricorso alla soluzione militare come strumento per rispondere efficacemente alla domanda di libertà e di democrazia che provengono da quelle popolazioni;
– Esorta e impegna il Governo Italiano a ritirare la propria adesione all’intervento perché non garantisce l’incolumità delle popolazioni civili, facendosi invece promotore di un cessate il fuoco immediato e incondizionato, dell’apertura di canali e corridoi umanitari per soccorrere la popolazione libica e degli altri paesi dell’area, e dell’istituzione di una commissione internazionale composta da Paesi interessati davvero a trattare con le parti in conflitto, come la Lega Araba o l’Unione Africana, per una soluzione pacifica, in sostegno ad un processo di transizione nel quale il popolo libico possa scegliere definitivamente con quali modalità chiudere l’era di Gheddafi e costruire un futuro di pace, libertà e democrazia.
Lecco, 28.04.2011