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Conferenza a Hebron: Normalizzazione o Resistenza

(10/01/2014)

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Anwar al-Sadat (insieme ad un giovane Mubarak e a Begin in aereo verso gli USA nella foto) una volta disse che il 99% del controllo di quello che succede nell’area mediorientale era nelle mani americane. Forse per giustificare la sua apparente resa con la firma del trattato di pace con lo stato di Israele del 1978 a Camp David. Molti ritengono questo l’inizio del processo di ‘Normalizzazione’ fra gli Stati Arabi e Israele.

Da allora l’Egitto è divenuto un fermo alleato americano, con enormi finanziamenti all’esercito che tuttora determinano le politiche egiziane (vedasi l’ultimo colpo di stato a danno del presidente eletto Morsi). E da allora i rapporti con Israele sono divenuti sempre più stretti, come prova la continua chiusura del confine con la striscia di Gaza e la distruzione dei tunnel di approvvigionamento.

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Il trattato di Oslo del 1992 ha rappresentato invece l’inizio del processo di Normalizzazione fra Palestinesi e Israeliani. Per la precisione, con ‘Normalizzazione’ ci si riferisce a tutte quelle relazioni che accettano lo stato di fatto delle cose come si sono sviluppate sul terreno e prevedono solo un dialogo per sviluppare rapporti pacifici e di conoscenza fra le parti in causa.

In pratica, questo processo non prevede una discussione esplicita su principi importanti come il diritto al ritorno di coloro che furono privati dei loro beni nel 1948 e la nascita di uno stato Palestinese con lo smantellamento delle colonie presenti in West Bank. Un classico esempio di Normalizzazione è rappresentato dal centro Peres, che si vanta di curare bambini palestinesi sul territorio israeliano  ma solo a fronte di grossi finanziamenti europei. La sede del centro è edificata su di un’area dove un tempo si trovava un cimitero palestinese.

Ronnie Barkan è un ebreo israeliano che vive in un sobborgo di Tel Aviv, dove i palestinesi rimasti nel 1948 furono segregati. Come altri israeliani è contrario al processo di Normalizzazione, ritenuto iniquo, e riconosce i diritti del popolo palestinese. Alla domanda se prevede che la casa in suo possesso possa essere reclamata da un palestinese profugo, lui risponde che è certamente una possibilità da non escludere ma che si aspetta che la pulizia etnica del 1948 non venga ‘vendicata’ da un’altra pulizia etnica.

George Habbash è stato il fondatore del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Era un profugo della città di Lydda, uno dei circa 400 villaggi evacuati nel 1948, ed è stato sicuramente un combattente che fino alla morte non è sceso a compromessi. Alla domanda su cosa avrebbe fatto in caso di ritorno al suo villaggio nel trovare gli ebrei che vivono nella sua casa, lui rispose: Io posso vivere al secondo piano e loro tenersi il primo.

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A Hebron, Sabato 11 Gennaio, l’Alternative Information Centre organizza la seconda conferenza palestinese/israeliana contro l’occupazione e contro il razzismo. Hebron è la città simbolo di queste politiche, con poche centinaia di coloni che tengono in ostaggio il centro storico e spesso abusano verbalmente degli abitanti palestinesi, come testimoniato da film e reportage.

La conferenza si propone di riaffermare il diritto del popolo palestinese a resistere alle politiche coloniali e di negazione della propria esistenza da parte dei governi israeliani, e il diritto al ritorno sancito da una risoluzione ONU.

Insciallah!

(FD)