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Morte promossa e vita bocciata

«Per l’oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerà dice il Signore e metterà in salvo chi è disprezzato» (Salmo 12,6).


Vorrei cominciare con un versetto del salmo 12, che dovrebbe portarci sulle barricate.
Ma temo di farlo per due motivi.
Prima di tutto, perché in un’epoca povera di tensioni morali come la nostra se ne vedono così poche, di barricate ideali, che non è arrischiato pensare a paurose diserzioni, perfino tra i credenti, dai punti caldi dove morte e vita si scontrano ancora.
E poi, perché parlare di barricate nella Giornata della Vita potrebbe evocare, in chi ha la coda di paglia, fiammate di roghi antichi, sospetti di caccia alle streghe, integralismi di ritorno, e spettri di guerriglie sante.
A ogni modo, il versetto è questo: «Per l’oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò — dice il Signore — e metterà in salvo chi è disprezato ».
Ce n’è abbastanza, se non per essere spinti sulle barricate, almeno per sentirsi scomodati da sonni tranquilli e per parlare di tutte le bocciature che la vita oggi riceve.

La vita viene bocciata sui banchi delle scuole materne. Il linguaggio figurato lo comprendete, e comprendete anche che mi riferisco alle interruzioni volontarie della maternità. No. Non vi preoccupate. Non verrò a rifilarvi aritmetiche noiose e tragiche su aborti clandestini o legalizzati. Per una questione di buon gusto. Per non essere ripetitivo. E soprattutto, per non accreditare l’immagine di una Chiesa che (come banalmente dice chi, con l’ironia, pensa di liberarsi dal prestigio spirituale degli altri) sa difendere soltanto i feti.

La vita viene bocciata sui banchi delle scuole elementari. Cioè, sul piano dei diritti più essenziali: il pane (il companatico è già troppo), il letto per dormire, lo spazio per sopravvivere. C’è gente che dorme alla stazione. Famiglie che svernano in umidi sottani. Ci sono bambini che seguono errando i genitori nell’odissea malinconica della mendicità. Ci sono piccoli che vegetano in ambienti malsani. Non sorridete, per favore: non sono oleografie da fine Ottocento. Sono fotografie scattate con le sofisticate Polaroid dei nostri giorni. E non a Calcutta, ma a Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi, Ruvo e in tutte le città.

La vita viene bocciata sui banchi delle scuole medie. Non è arresto di vita l’evasione scolastica, l’incapacità di recuperare almeno i ragazzi dallo squallore dell’ignoranza, la disperazione dei disoccupati, l’inquietudine dei marittimi senza lavoro, la pena degli sfrattati, la desolante tristezza di certi ricoveri per anziani, la mancata progettualità di sbocchi occupazionali per un esercito di giovani senza lavoro?

La vita viene bocciata sui banchi delle scuole superiori. Quando si vive senza traguardi. Quando si corre senza tabelle di marcia. Quando si arranca alla giornata. Quando la fatica più nobile è quella della ricerca di espedienti per sbarcare il lunario. Quando l’indifferenza della gente, magari dei cristiani, fa sentire i brividi della solitudine e le vertigini della segregazione. Quando la pace interiore diviene un frutto proibito. Quando l’arte rimane un lusso sconosciuto. Quando la contemplazione è un hobby da marziani.
La vita viene bocciata nelle aule delle università. Quanta gente ha i soldi, ed è infelice. Ha tante case riscaldate, ma ha freddo lo stesso. E’ circondata dalle persone, ma prova i capogiri dell’abbandono. Ha la salute, ma è corrosa dalla noia. Ha la giovinezza, ma è morsa da una prepotente libidine di morte. Ha tutto per vivere, ma fa di tutto per morire.
La Giornata della Vita ci impegna a far uscire dalle anticamere della morte, squallide o raffinate che siano, coloro che vi sono prigionieri.
L’annuncio pasquale, proclamiamolo con le opere.
Promuoviamo la vita! Non col «voto politico», che si risolve con una sciacquata di belle parole. Ma con un cambio di rotta, segno di una chiesa convertita, che si decide finalmente a partire dagli ultimi.
E come credenti che rifiutano il titanismo dell’autosufficienza, sappiamo trovare nel Signore, amante della vita, le ragioni ultime del nostro impegno.
Diversamente, a ciascuno di noi si attaglierebbe il rimprovero di Tagore, il grande poeta indiano: «Stolto, che cerchi di portare te stesso sulle tue spalle! Mendicante, che vieni a mendicare alla porta di casa tua! ».

don Tonino Bello

Per la Giornata della vita, celebrata nel 1984.