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MUSSALAHA: la riconciliazione popolare dal basso tentata in Siria. Un tentativo da appoggiare

di Marinella Correggia

Come una rosa (di Damasco) sbocciata nel sangue e nelle macerie di un
paese che potrebbe sfasciarsi, ci arriva la notizia di un tentativo di
riconciliazione dal basso, un’ iniziativa popolare e nonviolenta iniziata
addirittura a Homs – città simbolo degli scontri – ma che prevede di
espandersi in altre città e villaggi. Per dire no a una guerra
confessionale in Siria e no a un intervento armato esterno genere Libia (e
un destino analogo). Ci stanno lavorando siriane e siriani, laici ma
soprattutto appartenenti alle diverse religioni e comunità che fino al
2011 convivevano in pace.

Si chiama Mussahala: “riconciliazione” in arabo. Ne riferisce la Radio
vaticana sulla base delle notizie dell’agenzia cattolica Fides. Sarebbe un
miracolo, in un contesto di scontri sanguinosi fra esercito e gruppi
armati, e atroci violenze settarie, che va avanti da mesi grazie alle
determinanti ingerenze di paesi occidentali e del Golfo. Mussahala tiene a
essere un tentativo del tutto siriano, senza manipolazioni esterne. Ma è
utile e sarebbe doveroso appoggiarlo.

L’idea di base è: “siamo martoriati da mesi e mesi, non vogliamo la guerra
e dobbiamo fare la pace”. Come scrive la Radio vaticana e come confermano
fonti all’interno della Siria, Mussahala è “la dimostrazione, e anche la
speranza, di una terza via, alternativa al conflitto armato e a un
possibile intervento militare dall’estero, invocato dal Consiglio
Nazionale Siriano”. L’agenzia cattolica Fides spiega che Mussahala “colma
un vuoto creato dal rumore delle armi: non parteggia per alcuna delle
parti in lotta, nasce spontaneamente dal basso, dalla società civile, da
tutti quei cittadini, parlamentari, notabili, sacerdoti, membri di tutte
le comunità etniche e religiose, che sono stanchi della guerra”.

Fra i promotori e i maggiori sostenitori dell’iniziativa vi sono i
cristiani di Homs, di tutte le confessioni. Si sono esposti personalmente
soprattutto due preti greco-cattolici, padre Michel e padre Abdallah, il
siro-cattolico padre Iyad, il maronita padre Alaa, il siro-ortodosso padre
Khazal.

Nei giorni scorsi a Homs si sono svolti due incontri con straordinaria
partecipazione popolare. Membri di tutte le comunità che compongono la
società siriana: alawiti, sunniti, drusi, cristiani, sciiti, arabi sono
arrivati a dichiarazioni comuni, con abbracci e impegni solenni, per la
riconciliazione fra gruppi, famiglie e comunità alawite e sunnite –
protagonisti principali del conflitto in corso – che si sono pubblicamente
impegnate a “costruire una Siria riconciliata e pacifica”, in nome del
rispetto reciproco. Mussalaha si appella a tutte le parti in lotta e a
tutti i leader in campo per restituire “pace e sicurezza al paese e alla
popolazione”.

Il tutto avviene in un clima mediatico intossicato ai massimi livelli e
che come già in passato (Libia, Iraq, Jugoslavia) vede i media mainstream
e perfino rapporti dell’Onu (fuori dalla Siria) e di organizzazioni
umanitarie riferirsi a “fonti” di parte. Così, i massacri e le violenze
vengono invariabilmente attribuiti a una delle due parti, accelerando la
costruzione del consenso necessario a un’altra azione militare stile Libia
oppure ad accentuare lo scenario di guerra per procura già in atto. Il
contrario di quel che occorrerebbe per un vero negoziato di pace.

Mentre l’integralismo religioso e le divisioni settarie giocano un ruolo
di propulsore bellico nella tragedia siriana, ecco che altri gruppi
religiosi operano per la pace. Occorrerebbe sostenerli, in particolare in
Italia, fronteggiando le dichiarazioni bellicose del ministro degli
Esteri. E il coro assordante dei media. E dei “nuovi media”.
Qualcuno oserà boicottare anche Mussahala?

Marinella Correggia Per altre notizie sulla Siria vedi anche: http://www.sibialiria.org
Alessandro Marescotti http://www.peacelink.it