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Tra corvi e talpe meglio una colomba

Povertà cristiana, libertà profetica, credibilità evangelica

Tra corvi e talpe preferisco la colomba della pace che annuncia lo Spirito che rinnova la faccia della terra e della Chiesa. “Nella Tua luce vediamo la luce” scriveva Antonio Rosmini, autore del famoso libro sulle piaghe della Chiesa. Spero che una colomba luminosa riesca a volare, sia pure a fatica, anche nei “sacri palazzi” pieni di densa caligine, dove alcuni settori ecclesiastici sembrano intrecciare rapporti oscuri con poteri economici, finanziari, sanitari e immobiliari.

L’immagine biblica della colomba, utilizzata anche per indicare la presenza dello Spirito che dona la pace, ha trovato espressione poetica in alcuni versi del vescovo brasiliano e padre conciliare Helder Camara: “per compiere la missione sacra/ di allevare la pace/ volo in qualunque maniera/ in qualsiasi direzione/ con vento o senza vento/ con forza o senza forza/ fino a cadere/ fino a morire”. Nel 1968, il documento finale del convegno ecumenico di Uppsala affermava in modo deciso e sereno: “Senza lo Spirito Santo Dio è lontano; Cristo resta nel passato; il Vangelo è lettera morta; la Chiesa è una semplice organizzazione; l’autorità è una dominazione; la missione è propaganda; il culto è un’evasione; l’agire cristiano è una morale da schiavi”.

Prego e opero perché i credenti e l’apparato ecclesiastico sappiano porre e curare segni di sobrietà e di spiritualità, quelli che hanno ispirato, ad esempio, Paolo VI e il Concilio Vaticano II in ordine alla riforma delle strutture curiali e clericali. Occorre cambiare linguaggio, logiche corporative, ritualità burocratiche, titoli ufficiali, forse anche i modi di vestire e i luoghi stessi dell’iniziativa ecclesiale romana (perché tutto deve essere concentrato nei palazzi vaticani, estranei al modo di vivere di Cristo Gesù?). Lo auspicano anche le parole di un testo episcopale dimenticato (come tanti): “La predicazione profetica di Gesù suscitava stupore perché annunciava un’esistenza degna, diversa, rinnovata, una moralità più giusta e praticabile, attivando energie altrimenti trascurate e sprecate, innescando l’attesa di una trasformazione possibile” (Per un paese solidale, n. 19).

A 50 anni dall’inizio del Concilio, ritengo decisivo rilanciare la tematica irrisolta della povertà della/nella Chiesa. Sono in gioco la sua libertà profetica e la sua credibilità evangelica. “Non è possibile servire allo stesso momento Dio e Mammona” (Lc 6, 13, Mt 6,24). C’è bisogno di una fase penitenziale attiva. Ne era cosciente anche Benedetto XVI il 29 giugno 2010. Secondo lui, il danno maggiore per la Chiesa viene dal suo interno, da “ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità, intaccando l’integrità del Corpo mistico, indebolendo la sua capacità di profezia e di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto”.

29 maggio 2012

Shalom. Sergio Paronetto (Pax Christi)