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Haiti non ha bisogno di portaerei

ma di riconversione delle spese militari e di reale cooperazione.

Davanti alla tragedia di Haiti, l’Italia gioca la carta della portaerei Cavour.

Già nel 2001 l’allora presidente di Pax Christi Italia mons. Bona scriveva: “Ne abbiamo proprio bisogno? Certamente i tecnici della lobby industrial–militare adducono tante ragioni per giustificare l’opportunità… Salta agli occhi il collegamento tra l’enorme povertà di tanta parte dell’umanità e le spese militari”. Questa grande portaerei lunga 235 metri (che è costata oltre 1200 milioni di euro pari alla somma raccolta nel mondo dopo la prima settimana dal terremoto di Haiti e che ogni ora di navigazione ad alta velocità consuma 25.000 litri di carburante) porterà aiuto alla vittime del terremoto.

Ci chiediamo: quante sale operatorie od ospedali da campo si potevano e si possono realizzare con una spesa così folle?

Proprio il giorno prima del terremoto, l’11 gennaio 2010, il Papa parlando al Corpo Diplomatico denunciava “l’aumento delle spese militari, nonché il mantenimento o lo sviluppo degli arsenali nucleari”. E questo, ha spiegato, “assorbe ingenti risorse che potrebbero, invece, essere destinate allo sviluppo dei popoli, soprattutto di quelli più poveri.” Non possiamo nascondere il timore che questa operazione – sponsorizzata dalle grandi aziende che lavorano con il militare e che hanno realizzato questa nave – diventi più un’operazione di facciata, utile più al mondo militare che alla popolazione di Haiti. Non dimentichiamo che l’Italia oggi è il secondo Paese al mondo per esportazione di armi, con somme da capogiro, rispetto a quelle insignificanti investite nella cooperazione.

Avremo modo di riflettere anche su questo al Convegno sul disarmo del 30 gennaio a Roma presso l’Università Lateranense, mentre cercheremo di essere accanto alle vittime di questo terremoto.

Ma vogliamo anche rilanciare una proposta.

Perchè non fare una scelta politicamente audace e coraggiosa, segno di ri-conversione, motivata dalla grande tragedia di Haiti, e anche del nostro Abruzzo?

Perchè non ridurre-riconvertire gli investimenti (si parla di 15 miliardi di Euro!) per i nuovi aerei F35?

Sarebbe un segno forte di speranza e di ‘difesa della vita’ di cui tanto si parla.

Spendere meno soldi per strumenti bellici, soprattutto in questo momento, potrebbe essere un gesto significativo di alto valore educativo. Un segno di speranza che germoglia dalle macerie di una tragedia.

20 gennaio 2010 Pax Christi Italia