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Fermiamo la “TAV” israeliana made in Italy

Far fallire il progetto illegale israeliano della Ferrovia A1 – Porre fine alla complicità internazionale

Territori Palestinesi Occupati, 16 dicembre 2010
Il progetto israeliano per il treno ad alta velocità A1, pensato per collegare Gerusalemme e Tel Aviv, viola la Legalità Internazionale e i Diritti Umani. Il progetto per il treno A1 rappresenta una componente del continuo piano israeliano di rafforzamento del suo regime di occupazione, del suo ruolo coloniale e delle leggi di apartheid imposte alla popolazione palestinese, in modo particolare nella Cisgiordania occupata. Il progetto rappresenta solo un altro passo nel rafforzamento della politica israeliana di trasferimento forzato della popolazione (pulizia etnica), che ha cacciato e deprivato i palestinesi dei loro beni, negando ai rifugiati il diritto al ritorno sancito dalle Nazioni Unite ed il diritto a ricevere riparazioni, e vietando alla popolazione palestinese nel suo complesso di esercitare il suo diritto inalienabile all’autodeterminazione per oltre 60 anni.
Compagnie private e parzialmente governative sono coinvolte in questo progetto illegale. Tra queste sia aziende israeliane – Amy Metorn Engineers and Consultants – che compagnie straniere, come Pizzarotti Spa, DB International, HBI Haerter, AB Plan, Parsons Brinkerhoff, Deutsche Bahn e Moscow Metrostoy.
Il coinvolgimento di compagnie private e governative in questo progetto, nonostante la sua evidente illegalità, costituisce complicità nei crimini di guerra e contro l’umanità commessi da Israele.
Il Comitato Nazionale Palestinese per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BNC), la più ampia e rappresentativa coalizione della società civile, fa appello alle persone di coscienza e alle istituzioni della società civile ovunque nel mondo perché s’impegnino nella campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) contro lo stato di Israele, così come contro le corporazioni israeliane ed internazionali coinvolte e/o traenti profitto dal progetto illegale della ferrovia A1.
Tra le altre violazioni della Legalità Internazionale e dei diritti dei palestinesi, il tracciato progettato per la ferrovia A1 percorre 6,5 chilometri attraverso la Cisgiordania occupata. In lampante violazione dei suoi obblighi in base al Diritto Internazionale Umanitario ed ai Trattati internazionali sui Diritti Umani, tra cui la IV Convenzione di Ginevra, Israele come potenza occupante ha espropriato – senza che vi fossero necessità militari – proprietà private terriere palestinesi, con lo scopo di costruire infrastrutture permanenti, ed ostentatamente per soddisfare i bisogni della sua popolazione civile. Una volta completato, la ferrovia ad alta velocità A1 fornirà servizi esclusivamente ai pendolari israeliani tra Gerusalemme e Tel Aviv.
Il fatto che il progetto dell’A1 sia anche pensato per aiutare la politica israeliana di lungo periodo di trasferimento forzato della popolazione palestinese è chiaramente evidente nel suo tracciato, che costringerà i palestinesi, ancora una volta, ad abbandonare le proprie terre. Il tracciato è stato progettato per espropriare ulteriore terra palestinese e per indebolire le fonti di sussistenza in comunità deboli che sono già state vittima di espropri massicci e trasferimento forzato in passato, per poter far posto ad infrastrutture per israeliani che forniscono servizi alla popolazione ebraica dominante.
Il trasferimento forzato di una popolazione è definito come il “sistematico, coercitivo e deliberato movimento di popolazione da un’area all’altra, con l’effetto o il proposito di alterare la composizione demografica di un territorio, in modo particolare quando (la motivazione) ideologica o politica asserisce la dominazione di un certo gruppo su un altro” (1). Questo costituisce un crimine di guerra ed un crimine contro l’umanità in base al Diritto Internazionale. Le vittime palestinesi, i rifugiati e i deportati hanno diritto a risarcimenti e compensazioni, tra cui il ritorno, la restituzione delle case e delle proprietà.
Il tracciato progettato per la ferrovia A1 nella Cisgiordania occupata corre attraverso le aree vicine alla linea dell’armistizio del 1949 (la “Linea Verde”) e nell’Enclave di Latrun, dove la costruzione del Ponte n. 6 è già stata completata. Questo crea un danno alle comunità palestinesi, di cui fanno parte molte persone, rifugiate del ’48 o del ’67.
I villaggi palestinesi di Imwas, Yalu e Beit Nuba sono stati completamente distrutti e i loro abitanti espulsi da Israele nel 1967. Da quel momento, Israele ha impedito il ritorno degli abitanti palestinesi dei villaggi attraverso ordini militari. Nuove infrastrutture si sono sviluppate attraverso lo stato e il Jewish National Fund, organizzazione colonialista, tra cui un’area boschiva ricreativa chiamata Canada Park, eretta sulle rovine di questi tre villaggi, la colonia ebraica di Mevo Horon, il Muro e il progetto di ferrovia A1 in corso di costruzione (2). L’effetto diretto di tutto ciò è stata la trasformazione della terra palestinese in un’area a predominanza ebraico-israeliana.
A Beit Surik, i contadini palestinesi hanno tentato di proteggere parte della loro terra dalla confisca a dovuta alla costruzione del Muro illegale israeliano attraverso la resistenza popolare e le azioni legali. Tremila dunams di terra sono andati perduti, ma qualche terra agricola “essenziale per la sussistenza della popolazione del villaggio” è stata salvata in base ad una sentenza della Suprema Corte Israeliana (4), che avrebbe altrimenti rifiutato di accogliere il parere consultivo del 2004 della Corte di Giustizia Internazionale. Il tracciato attualmente pianificato per la ferrovia A1 passa attraverso la terra che è stata riconosciuta come “risorsa fondamentale per la sussistenza della comunità” dalla Corte (5).
Beit Iksa è un villaggio che ha offerto rifugio a molti rifugiati palestinesi, vittime della pulizia etnica israeliana nell’area di Ramle-Lydda nel 1948. Nel 1967 le operazioni militari israeliane hanno indotto la fuga di larga parte della popolazione di Beit Iksa. Oggi, l’80% dei 2.000 abitanti rimasti sono registrati come rifugiati del ’48 dall’UNRWA. Israele ha già confiscato il 40% della terra agricola del villaggio per la costruzione della colonia ebraica di Ramot, e il 60% rimasto è previsto che rimanga dietro il Muro illegale israeliano. Il 10 novembre 2010 le Autorità israeliane hanno consegnato al Consiglio del villaggio di Beit Iksa un “ordine di acquisizione delle terre”. L’ordine stabilisce che 50 dunams di terra saranno confiscati per il progetto ferroviario A1: 20 dunams saranno confiscati in modo permanente per costruire una strada di accesso al tunnel; gli altri 30 “temporaneamente” per realizzare il sito di costruzione. L’ordine israeliano stabilisce che questi ultimi saranno riconsegnati alla popolazione, ma non dice quando. Cinquecento alberi di ulivo sono a rischio di sradicamento. Tra coloro che subiranno danni dal progetto ferroviario A1 ci sono almeno 10 famiglie di palestinesi rifugiati, 350 persone registrate dall’UNRWA. Tutte queste famiglie sono economicamente deboli, soffrono gli effetti della disoccupazione e basano la propria sussistenza sull’olio di oliva che producono. 6 di queste famiglie vedranno le loro terre confiscate ancora una volta. Un’altra famiglia non vedrà la propria terra confiscata, ma non avrà mai più accesso ad essa (6).
In questo modo il progetto per la ferrovia A1 diventa parte del sistema infrastrutturale coloniale e di apartheid israeliano, che provvede alle necessità della popolazione ebraica dominante, e costituisce un altro passo nell’implementazione della politica israeliana di trasferimento forzato della popolazione che ha, per oltre 6 decadi, persistentemente privato i palestinesi dei beni cacciandoli dalle proprie terre, negando ai rifugiati il diritto al ritorno e vietando l’esercizio del diritto di autodeterminazione alla popolazione palestinese.
La società civile palestinese, rappresentata dal BNC, fa appello:
Ai governi di Germania e Russia, perché pongano fine al coinvolgimento delle rispettive compagnie governative nel progetto ferroviario illegale A1;
Alle aziende private, perché si ritirino immediatamente dal progetto;
Ai governi locali e nazionali ed alle amministrazioni locali perché pongano fine ai contratti e non ne stipulino di nuovi con quelle compagnie coinvolte nel progetto A1;
Alle persone di coscienza, perché avviino o intensifichino effettive campagne di boicottaggio e disinvestimento contro quelle compagnie coinvolte nel progetto, e perché facciano pressione sugli istituti finanziari perché disinvestano dalle compagnie coinvolte nel progetto A1.
Insieme possiamo assicurare la punibilità e la responsabilità sociale e legale delle compagnie governative e private, far deragliare il progetto ferroviario illegale A1, mostrare il regime di occupazione israeliano, il colonialismo e l’apartheid imposto alla popolazione palestinese, così come la sua politica di trasferimento forzato della popolazione, e promuovere il rispetto del diritto di riparazione per le vittime palestinesi e dei diritti inalienabili del popolo palestinese.
Il BNC ringrazia e saluta con affetto la Coalizione delle Donne per la Pace israeliana ed il suo progetto “Who Profits from the Occupation”, che ha condotto una ricerca valida e tempestiva sul progetto ferroviario A1 denunciando la complicità delle compagnie e delle aziende, e che faciliterà la conduzione di una campagna vincente.