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La guerra, davvero “ripudiata”?

“L’idea del movimento, che riprende in questo l’abbondante e chiarissimo contenuto del Magistero della Chiesa, è che la guerra non ha mai prodotto la pace. Dopo ogni guerra si contano vittime, si valutano le distruzioni di beni, ci sono ferite insanabili, crescono i sentimenti di odio. Le azioni di guerra poco alla volta generano abusi e causano disprezzo”.

 

Intervista chiesta da Giampaolo
TARANTINO

Voi di Pax Christi avete lanciato un appello sull’acquisto degli F-35. Potrebbe illustrarcelo?

Da anni, insieme con Rete italiana per il Disarmo, proviamo a tenere desta l’opinione pubblica a proposito del progetto di partecipare alla costruzione 131 cacciabombardieri denominati F35. Finalmente anche la grande stampa ha parlato della questione e dunque il nostro movimento ha voluto prendere la parola pubblicamente per accelerare una presa di coscienza in proposito. A noi sembra che costruire armi da guerra sia una scelta da evitare, e ci è chiaro in particolare che questo  programma relativo agli F35 è per varie ragioni ingiustificato per il nostro Paese, tanto più oggi, nella crisi economica che stiamo attraversando.

Siete contrari all’acquisto “in toto” di questi aerei da guerra oppure una riduzione del numero di velivoli potrebbe soddisfarvi?

Il principio che propugniamo riguarda tutte le armi da guerra, dunque la posizione che prendiamo di fronte  all’opinione pubblica non riguarda il numero dei velivoli, ma la loro qualifica; si tratta di “cacciabombardieri”. La loro descrizione tecnica dice a che cosa serviranno.

Voi parlate della necessità di ridurre le spese militari. Perché?

L’idea del movimento, che riprende in questo l’abbondante e chiarissimo contenuto del Magistero della Chiesa, è  che la guerra non ha mai prodotto la pace. Dopo ogni guerra si contano vittime, si valutano le distruzioni di beni, ci sono ferite insanabili, crescono i sentimenti di odio. Le azioni di guerra poco alla volta generano abusi e causano disprezzo. Per provarlo è sufficiente fare attenzione alle cronache di questi giorni, che ci mostrano oscene fotografie di soldati e di morti. Ecco come possono ridursi vittime e soldati. In questi fatti abbiamo la dimostrazione che i soldati, cittadini di un Paese democratico e per altri versi generoso, per il solo fatto  di stare in guerra, di uccidere ed essere braccati dal nemico, diventano persone che perdono la loro umanità.

I progressi scientifici e tecnologici corrono. Non è che dopo gli F35, sarà poi necessario acquistare nuovi aerei, nuove armi, più sofisticate?

Intanto c’è da domandarsi, con sgomento, come mai i progressi scientifici non avvengano in Istituti di Ricerca, in Università, e come mai le scoperte scientifiche avanzate non vengano utilizzate subito per il bene, che ne so, dei pendolari o delle strutture sanitarie. Perché lo sviluppo tecnologico viene sviluppato per costruire macchine di distruzione e morte? E poi ci sarà finalmente una opinione pubblica e un Parlamento che leggono l’Articolo 11 della Costituzione Italiana, nel quale si dice che il nostro Paese “ripudia la guerra”. Proprio in fedeltà alla nostra Costituzione siamo chiamati a imparare a vivere in un patto di amicizia e di fraternità tra noi italiani, e a operare perché poco alla volta esso si allarghi agli altri popoli.

Il Ministro Di Paola afferma che gli F35 creeranno 10.000 posti di lavoro. E’ un motivo sufficiente per comprare armi?

Lascio agli esperti il computo preciso dei vantaggi in termini di stipendi e di posti di lavoro. Ma mi domando: se quei capitali che si intendono impegnare per le armi li usassimo per migliorare le infrastrutture? Se i posti di lavoro che si creano fossero offerti nei luoghi in cui i giovani sono penalizzati e ingrossano le file dei  disoccupati? A quando, ad esempio, ci sarà dato un sistema ferroviario moderno in tutto il nostro Paese e non solo nelle aree più industrializzate? Il tema del lavoro, parlo da persona poco esperta, riguarda anche le priorità che si  devono avere nello sviluppare la società e nel provvedere ai bisogni dei cittadini.

Secondo il diritto internazionale la guerra è uno strumento legittimo per la soluzione dei conflitti. Tuttavia i conflitti generano sempre morte e sofferenza.

E’ interessante fare il conto di  quanti sono i conflitti sanati o risolti dalla forza e cioè mediante una guerra. La loro somma è pari a zero. Dunque occorre trovare il modo di gestire i conflitti, con la prevenzione e con il ricorso alle nuove condizioni introdotte  dalla globalizzazione che consentono un assedio economico e politico nei confronti dell’aggressore. Abbiamo oggi mezzi assai più consistenti di un tempo, e ci sono offerte possibilità mai prima sperimentate di costruire la pace senza le armi, e i morti e le distruzioni che conseguono ad ogni guerra.

Se non si fa la guerra, come possiamo ottenere la pace?

La strada della pace è notoriamente più laboriosa e coraggiosa della scelta della guerra. Anzitutto si tratta di un cammino che comincia da lontano: il ‘disarmo’ delle menti e dei cuori. Ciò è possibile attraverso la conoscenza delle legittime e arricchenti diversità di cui i diversi popoli sono portatori. Faccio degli esempi, che si potrebbero moltiplicare. Occorre una attenta ricognizione di come è scritta e proposta la storia: basta con stereotipi e pregiudizi, preclusioni, idee di rivincita o di superiorità. Si tratta di operare per costruire giustizia nella società nazionale e nei rapporti tra le nazioni. La legalità è condizione della pace, perché fa comprendere che ogni persona ha diritto alla sua dignità, libertà, pieno sviluppo. Sembrano tutte questioni che riguardano temi alti e la responsabilità di chissà quali lontane autorità. Ma alcune cose sono alla portata di un governo nazionale e di una opinione pubblica; ad esempio aumentare l’impegno per il volontariato nazionale e internazionale; operare per impegni di solidarietà verso i paesi impoveriti; favorire gli scambi culturali,  soprattutto nell’età giovanile. Per quanto ci riguarda, come Pax Christi, ci facciamo eco della verità cristiana che è proclamata dal Vangelo e spesso ripetuta dai Pontefici: «Sii tu l’uomo che cammina verso il suo sogno; sii tu  il cambiamento umano che desideri». Ogni persona, ogni famiglia, ogni comunità sa bene che è possibile iniziare a costruire la pace vivendo relazioni di accoglienza e riconciliazione con se stessi e con coloro che si hanno vicino.

Giovanni Giudici,vescovo di Pavia

Presidente di Pax Christi Italia

Intervista pubblicata su “LaDiscussione” del 18 gennaio 2012