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Clandestini a Damasco

16/01/2012

Dimostranti in protesta contro Assad a Homs.

Sul popolo siriano si addensano sempre più fosche minacce di guerra civile. Il rischio che ci troviamo a registrare un altro caso di ‘verità postume’ è sempre più reale. Per questo è cruciale fare uno sforzo per cercare di sapere. E per conoscere la reale situazione non ci si può fidare solo di fonti che in passato si sono rivelate non del tutto veritiere. Parliamo delle TV di regime ma anche di TV accreditate come ad esempio Al Jazeera (vedi caso Libia). La soluzione sarebbe andare di persona, vedere e incrociare le varie testimonianze. Internet da solo non può bastare (vedi caso blog Amina).

Quella di andare è una forte tentazione che abbiamo da circa due mesi, a partire da un invito pervenutoci dai cristiani di Siria. Finora non abbiamo potuto realizzare il sogno di andare a condividere la sofferenza con un popolo che già ha molto sofferto in passato a partire dalle Crociate fino al dominio Francese finito nel 1948. La rinuncia si motiva con la impraticabilità di osservare liberamente causa il forte controllo operato dal governo di Assad e con la possibilità di attentati a obiettivi occidentali usati poi per accusare l’opposta fazione. E questo si è drammaticamente realizzato con l’uccisione del giornalista francese, autore in passato fra l’altro di un servizio su Jenin nel 2002 dove rischiò di morire per una pallottola israeliana.

In parte ci viene in soccorso il libro di Antonella Appiano che ha vissuto sotto copertura per alcuni mesi a Damasco: Clandestina a Damasco. Con linguaggio piano, Antonella ci parla delle persone comuni con cui ha vissuto. Di esse ci riporta i nomi, ci racconta le paure e ci descrive le speranze in un futuro di pace. Ne emerge tutto il quadro di incertezza dovuto ad un dittatore che non cede alle legittime aspettative di maggior libertà e democrazia e alla presenza di bande esterne di sconosciuta provenienza che provocano scontri e morti. I siriani non vogliono diventare un nuovo Libano con divisioni confessionali, né un nuovo Iraq dagli scontri settari o ancora come i Balcani. Vogliono rimanere uniti e temono interventi esterni, come sanzioni o guerre, di cui loro stessi sarebbero le vittime. Purtroppo il libro finisce a settembre ed il presente è ancor più denso di neri presagi.

Per informarci abbiamo letto giornali e visto TV stranieri. Il quadro descritto da Antonella non pare cambiare dall’ascolto di analisti europei e americani intervistati su Russian Today, la TV che copre con maggior dovizia la situazione. I media italiani appaiono invece allineati acriticamente su versioni di parte anti-Assad. Robert Fisk, noto inviato di guerra dell’Independent che questi territori percorre da anni, ha fatto probabilmente la descrizione più accurata della situazione: Assad non sa agire diversamente che da dittatore come i suoi colleghi Mubarak, Alì e Gheddafi; l’occidente non sa che agire supportando i regimi totalitari e quando vede che non sono più difendibili ne accelera la caduta usando fazioni che possono in seguito controllare. Cioè Democrazia zero sia dall’interno che dall’esterno. La Lega Araba ne è l’esempio più lampante: quale degli stati aderenti ha un regime democratico all’occidentale? Infine i progetti dell’opposizione frammentata non sono per nulla chiari e forieri di speranze per il futuro.

Il pessimismo della ragione ci dice che sotto i nostri occhi chiusi si sta dipanando una nuova ingiustizia. L’ottimismo della volontà ci chiama ad aprire gli occhi per lottare con amore per la pace.

Come Antonella e i suoi amici siriani siamo certi che né sanzioni né guerre siano utili. Gli esempi del recente passato insegnano dall’Afghanistan alla Libia passando per l’Iraq da cui migliaia di profughi sono fuggiti accolti proprio dalla SIria.

(fd)