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Burkina Faso: il dramma di un popolo

Il 31 gennaio scorso, organizzato dal Punto pace Pax Christi, si è svolto a Catania, presso la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo, un incontro dal titolo “Burkina Faso: il dramma di un popolo”.

Ricordiamo che il Burkina Faso è il Paese del non dimenticato presidente Thomas Sankara, assassinato nel 1987 dopo aver pronunciato all’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA) un discorso contro il debito sovrano da pagare ai colonizzatori.

Ha introdotto il tema Andrea Granieri, responsabile della parrocchia per la solidarietà al Burkina Faso. Da ben 25 anni, infatti, la comunità parrocchiale sostiene in vario modo questo stato africano, attraverso la Onlus Burkina appositamente creata. Tale impegno si è concretizzato in innumerevoli adozioni a distanza, la realizzazione di pozzi per l’acqua, lo sviluppo di un reparto di pediatria, la promozione dell’alfabetizzazione, il protocollo d’intesa con due università locali e con l’ospedale Meyer di Firenze.

Era naturale, quindi, che la comunità parrocchiale fosse sensibile ai motivi dell’esplosione di violenza terroristica di cui in tempi recenti questo Paese è stato teatro.

Tali cause sono state spiegate da padre Roland Kima, direttore delle scuole diocesane di Koupela, importante centro del Burkina Faso.

Una premessa indispensabile per la comprensione della situazione risiede nella constatazione che questo Paese africano appartenente, come tutti gli altri Paesi limitrofi, all’area francofona delle ex colonie francesi dell’Africa occidentale, rimane profondamente condizionato da speciali accordi di cooperazione con la Francia. Tali trattati, in 11 punti, assicurano diritti al governo francese su molteplici aspetti, dal controllo delle risorse naturali alle riserve monetarie, ad accordi commerciali e militari. Paradossalmente, sembrerebbe che il Burkina Faso (assieme ad altri stati dell’area) abbia acquisito una indipendenza solo di facciata, rimanendo di fatto ancora una colonia francese.

In questo contesto si è creata di recente una condizione di insicurezza a causa di continui attentati terroristici, di cui sono prevalentemente vittime i cristiani attaccati da estremisti islamici, in un Paese che vedeva la pacifica coesistenza di etnie e religioni. In una situazione in parte confusa, è facile collegare l’esplosione del terrorismo con la corsa all’accaparramento di risorse vecchie (oro, manganese) e nuove (grandi giacimenti di petrolio), con autorizzazioni sempre pilotate dalla Francia. In particolare, non è un caso che l’attuale presidente Kaborè si sia pronunciato più esplicitamente per l’autonomia del Paese e, parallelamente, sia cresciuta esponenzialmente l’attività terroristica, come se si volesse bloccare l’azione del governo.

Questi interrogativi hanno appassionato il numeroso pubblico intervenuto all’incontro, che ha dato vita ad un vivace dibattito con i relatori.