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Il papa è sulla strada giusta

papa Francesco

Il recente attacco a papa Francesco da parte di mons. Viganò, espressione dell’ala conservatrice del mondo cattolico, fortemente preoccupata del processo riformatore introdotto da questo pontificato, ha provocato numerosissime reazioni.
Abbiamo scelto questa nota di Rosario Giuè, teologo e presbitero di Palermo, pubblicata su “Adista”-Segni n. 31 del 15.9.2018, che di séguito riportiamo.

Il papa è sulla strada giusta

La destra clericale, politica e finanziaria italiana e straniera, servendosi dell’arcivescovo Viganò, usando abilmente i mass-media, ha cercato di dare una spallata a papa Francesco. Non è la prima volta che accade qualcosa del genere. Il testo del “papello” di Viganò è stato scritto, è bene tenerlo presente, con l’aiuto del giornalista conservatore Marco Tosatti (come lui stesso ha ammesso). Una costruzione ad arte! L’operazione con la pubblica richiesta a Francesco di dimissioni è stata giustificata come necessaria per il «bene della Chiesa»».
Ma, come ha dichiarato la teologa Marinella Terroni, anche i terroristi quando gettano una bomba dicono che lo fanno per il “bene”. Il punto è che ci si deve mettere d’accordo su cosa sia “bene”. Comunque, non si era mai visto, in tempi recenti, che un teologo o un vescovo “progressista” chiedesse le dimissioni di Giovanni Paolo II o di Benedetto XVI, pur criticandoli apertamente.

Il fatto è che sono sbalorditi quanti si sentivano a loro agio con una Chiesa mummificata, chiusa in se stessa, circondata da baciamani e privilegi, ma innocua per i potenti di turno. Costoro non si danno pace che la Chiesa possa sorprendere, come sorprende Dio, mettendo davvero al centro della propria identità solo il Vangelo in un mondo che cambia.
A questo mondo reazionario, clericale e autoreferenziale la vita reale e quotidiana dà fastidio. Per loro una Chiesa “in uscita” è inconcepibile: è come una bestemmia. E si disperano perché non trovano il loro baricentro fissato su catechismi imbalsamati, su rosari sventolati e crocifissi branditi come armi ad uso politico. Si sentono esasperati perché sentono venire meno l’antica alleanza tra trono e altare, che teneva tutti costoro al calduccio. Il semplice annuncio del Vangelo per loro è insopportabile.
Per questo in questi cinque anni di pontificato di Francesco hanno provato tutte le vie lecite e illecite, leali e sleali, per fermare la riforma di una Chiesa che cerca, con fatica, di ripensare se stessa a partire dalle periferie umane ed esistenziali, dai più poveri e dalle escluse. Per questo chiedono le dimissioni del papa e sperano in un conclave che blocchi il cambiamento per tornare al passato, al passato a loro tanto caro.
Ma domandiamoci: la forza e l’autorità di papa Francesco è scalfita dall’operazione-Viganò? Al contrario! Questa operazione di basso profilo e su basi false sta facendo risaltare meglio il ministero trasparente del Vescovo di Roma. E fa aumentare la consapevolezza, dentro e fuori la Chiesa, di come sia sempre più urgente e necessario portare avanti il processo riformatore iniziato con il Concilio e che ora Francesco ha fatto proprio”.