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Commossi e indignati

ricchiuti+ Giovanni Ricchiuti

Abbiamo ancora nel cuore il ricordo vivo del nostro Convegno e della marcia della Pace a Bologna.

Abbiamo vissuto quei momenti alla luce di una lettera importante del nostro vocabolario: ‘N’ come Nonviolenza. Papa Francesco ci chiede di inserire nel nostro linguggio la parola nonviolenza. Non è solo un fatto verbale, ma tutto ciò che questa parola svela.

E’ da tempo che tanti uomini e donne si battono per dire che è possibile una nonviolenza nella politica, nel linguaggio della chiesa, nel concepire uno stile di relazioni e rapporti ispirati alla nonviolenza, guardando al cuore delle persone per indicare strade diverse.

E’ un cammino che ci vede impegnati da tempo, e qualcuno avrà pensato che è utopistico che ci possa essere una difesa nonviolenta, uno stile di politica nonviolenta, ecc.

A Bologna abbiamo vissuto con il Convegno la possibilità di ascoltare molti testimoni, e rendersi conto che il popolo della pace è numeroso e crede alla nonviolenza, non solo ad una generica solidarietà.

E il nostro Convegno è stato un momento molto bello.

E poi la Marcia, per la prima volta a Bologna, molto bene: con testimonianze, interventi vari da S. Petronio alla Messa finale, con voci dalla Palestina, da Aleppo che ci hanno commosso e anche indignato per tutto ciò che sta accadendo. E poi anche l’intervento del coordinatore al palazzetto, con il riferimento alla smilitarizzazione… di tutto, compreso il rilancio della richiesta alla Chiesa per la smilitarizzazione dei cappellani militari.

Questi momenti, che hanno avuto anche una buona risonanza in tutta Italia, hanno per noi il valore di un incoraggiamento, di una presa di coscienza per continuare nella testimonianza, presenza, formazione, educazione.

Io ho vissuto anche una bellissima esperienza a Portici, la scorsa domenica 22 gennaio: una città di 55.000 abitanti, con un parroco molto bravo, d. Giorgio, che ha organizzato una marcia con 500 persone e poi una Messa molto partecipata con la presenza soprattutto di ragazzi e giovani. Sono stato molto colpito. E tutto questo per riflettere sulla pace, la nonviolenza e illustrare anche percorsi in atto in quella comunità. E’ stato un momento molto partecipato e molto positivo, e i giovani si sono sentiti ancora più incoraggiati a informarsi meglio, a impegnarsi nell’accoglienza, nel disarmo. Anche nei confronti dell’ambiente: spesso arrivano decisioni imposte che non tengono conto di nessun confronto e dialogo. Invece è in questi impegni che noi dobbiamo richiamare la nonviolenza.

E il nostro Congresso di fine Aprile non può non partire da questo cammino lungo 60 anni. Non possiamo fermarci a qualche rimpianto o nostalgia. Ma dobbiamo guardare avanti, i segnali ci sono.

Verranno giorni diversi…!

Non fermiamoci ad una utopia o speranza vana. Verranno giorni in cui la nonviolenza attiva indicherà alla politica uno stile nuovo. I cammini sono intrapresi, molto è stato fatto, anche se a noi sfugge la bontà di tutto ciò che è stato fatto. I semi sono stati gettati nei cuori, nelle menti, nelle scuole, nelle famiglie.

Con questo atteggiamento di speranza ci prepariamo al nostro Congresso, per rigenerarci e generare parole e iniziative che ci dicano che la Pace è possibile.